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Brevi cenni sulla storia di Lipari e delle Isole Eolie.

La dovizia dei reperti archeologici presenti alle Isole, testimonia l'importanza assunta, sin dal V millennio a.C., dall'arcipelago eoliano che fungeva da centro di scambi tra Oriente ed Occidente.
L'ossidiana ha certo rappresentato, già prima dell'età del bronzo, una fonte di ricchezza. Questo vetro vulcanico nero e tagliente, ampiamente utilizzato nella costruzione di armi, attrezzi da lavoro ed utensili, fu esportato in tutto il Mediterraneo. Probabilmente fu l'ossidiana a destare l'interesse delle prime popolazioni, provenienti dalla Sicilia, che si stanziarono sugli altipiani di Lipari presso il Castellaro Vecchio e a Salina presso Rinicedda.
Nell'area del Castello ed alla sua base il vento, soffiando sugli altipiani ha depositato, secolo dopo secolo, ceneri vulcaniche che hanno ricoperto e preservato le vestigia di ogni epoca che si é succeduta. Questa stratigrafia é unica nel suo genere.
Si ritiene che ai primi abitanti dediti all'agricoltura se ne siano sostituiti altri forse provenienti dalle coste dalmate. Questi ultimi si stanziarono sulla rocca del Castello e diedero un nuovo impulso all'economia ed alla cultura dell'isola, come testimoniano i resti di ceramica dipinta e decorata. Col passare dei secoli la comunità, divenuta più numerosa, si trasferì dal Castello alla contrada Diana. A Lipari e nelle isole minori si costituiscono piccoli insediamenti agricoli e una flotta commerciale (III millennio a.C.).
Si susseguono nuove culture: quella denominata di Pianoconte (2700 a.C.), che si diffuse sugli altipiani di Lipari e nelle isole minori, e quella di Piano Quartara a Panarea (seconda metà III millennio a.C.) che denotano un periodo di recessione.
Gli insediamenti degli ultimi secoli III millennio a.C. in piena età del Bronzo testimoniano, invece, nuova prosperità.
In tutte le isole si affermò la cultura di Capo Graziano i cui ritrovamenti più conosciuti sono stati effettuati nell'omonima località di Filicudi. Si tratta dei resti di due abitati: il primo in prossimità della sponda, il secondo in cima alla collina; da ciò si deduce che la popolazione, forse temendo scorrerie ed invasioni, fu costretta a trasferirsi in un luogo più facilmente difendibile. Ciò accadde anche a Lipari dove la popolazione si trasferì dai piedi della rocca del Castello alla sua sommità.
Si ritiene siano popolazioni provenienti dalla Grecia, forse gli Eoli di cui narra l'Odissea di Omero, attirate dalla posizione strategica che permetteva di controllare lo Stretto di Messina e la via commerciale con l'Oriente, che diedero vita a questa fase, durata ben sette secoli.
Verso il XV secolo a.C. Lipari venne conquistata da popolazioni siciliane che diedero vita alla cosiddetta "cultura del Milazzese", dal nome dell'omonimo promontorio di Panarea.
Le invasioni si susseguirono e si affacciò un nuovo popolo proveniente dalla penisola Italica (1270 - 1125 a.C. circa): gli Ausoni di re Liparo, a cui si fa risalire l'attuale nome dell'isola maggiore. Questa nuova cultura sovrappose le proprie costruzioni sulla rocca del Castello e a questa fase, denominata Ausonio I, forse si riferisce il ritrovamento di un vaso contenente ottanta Kg. di bronzo in lingotti, armi ed utensili vari.
All'Ausonio I si sostituì l'Ausonio II verso la fine del XII secolo a.C. con evidenti tracce di distruzioni.
Seguì un periodo di grande prosperità, che durò 150 anni, durante i quali fiorirono gli scambi commerciali con la Sardegna e con la Grecia, come attesta la grande quantità di ceramiche ritrovata.
Nell' 850 a.C. la roccaforte di Lipari venne espugnata e l'intero arcipelago rimase quasi disabitato per tre secoli.
I discendenti degli scampati all'immane distruzione (solo 500 secondo Diodoro) accolsero di buon grado, verso il 580 a.C., gli Cnidi, un gruppo di colonizzatori greci, che combatterono i pirati etruschi riportando splendide vittorie navali. Colonizzatori ed indigeni si fusero formando un unico popolo che si diede una organizzazione sociale paritaria. Mentre una parte degli abitanti si dedicava all'agricoltura ed alla pastorizia, l'altra provvedeva alla difesa ed alla costruzione di navi. Lipari venne ricostruita secondo il modello greco: l'acropoli sulla rocca e il borgo ai piedi delle possenti mura. La nuova comunità progredì e la costruzione di una flotta le consentì di acquistare una posizione di preminenza nel basso Tirreno.
Il felice periodo é attestato dai ritrovamenti archeologici: le mura e i resti di una torre; la necropoli di contrada Diana, con le numerosissime tombe e relativi corredi funerari giunti sino a noi intatti; la fossa votiva di un santuario, profonda 7 metri ed a forma di cisterna, con le offerte ritualmente frammentate. Con i frammenti ceramici é stato possibile ricostruire molti vasi, esposti al Museo, che testimoniano il buon livello raggiunto dagli artigiani nella manifattura.
Lipari fu alleata per lungo tempo ai siracusani, per far fronte ai tentativi espansionistici Cartaginesi ed ateniesi.
Il IV secolo a.C. rappresentò l'apice della prosperità economica con un abitato di vaste proporzioni e la produzione di ceramiche dipinte policrome e terrecotte raffiguranti scene teatrali.
Nel 304 a.C. Lipari venne saccheggiata dai siracusani di Agatocle, ed iniziò il suo declino. Durante la I guerra punica, fu alleata dei Cartaginesi contro i romani. Dopo alterne vicende, la flotta cartaginese venne distrutta da Caio Duilio e Lipari, assediata, fu devastata nel 251 a.C. con grandi stragi segnando l'inizio della dominazione romana.

La prosperità di cui Lipari godette nei due secoli di influenza greca, ebbe fine con la conquista romana. L'isola, piccola ma indipendente, aveva raggiunto un livello di ricchezza attestato dalla produzione locale di raffinate ceramiche e da un abitato di proporzioni insolite per l'epoca.Alle distruzioni, alle stragi e alle deportazioni romane seguì un lungo periodo di miseria: divenne una cittadina di provincia senza importanza, soggetta ad una guarnigione stanziatasi nel Castello.Diventò Municipio in età imperiale, luogo di deportazioni e confino.
Dal III secolo, sotto l'influenza bizantina, fu forse sede vescovile e meta di eremiti in cerca di rifugio. La comunità cristiana riconobbe come proprio patrono San Bartolomeo le cui reliquie divennero oggetto di culto.
Gli scavi, che hanno portato alla luce i resti di un'arena, di terme e di strade, dimostrano che Lipari, nel V secolo, era tornata all'antica vitalità. Nel 543 i Goti impiantarono a Lipari una base navale.
Nell'Alto Medioevo, Lipari decadde rapidamente sia a causa della ripresa dell'attività vulcanica del Monte Pelato e della Forgia Vecchia nel 729, sia a causa dei continui attacchi degli arabi che nell'838, devastarono la città deportandone gli abitanti.
Le isole rimasero disabitate per due secoli, fino all'arrivo dei Normanni che, nel 1083, insediarono nel Castello i monaci Benedettini che vi fondarono un monastero con annesso chiostro. Già nel 1091 il monastero acquistò la signoria feudale sulle isole Eolie con una Bolla di Papa Urbano II. L'abate del monastero, il monaco Ambrogio, promulgò, nel 1095, il "Constitutum", un documento che concedeva ai cittadini e ai loro eredi la proprietà della terra che coltivavano. Allo scopo di colonizzare Lipari, la proprietà venne concessa anche ai forestieri, ma solo dopo aver coltivato i fondi per tre anni e con l'obbligo, in caso di vendita, di alienarlo agli abitanti del luogo.
Fu attuata una concreta opera di rinascita delle isole mediante il ripopolamento e il conseguente sfruttamento dei terreni abbandonati dopo l'incursione saracena dell'838. Una riproduzione fotografica del documento si può visionare nella XXVI sala del Museo di Lipari. La cattedrale dedicata a San Bartolomeo fu costruita accanto all'abbazia benedettina, dopo un secolo dall'arrivo dei Normanni, con materiali provenienti dalle mura greche, sulle rovine di quella protocristiana che a sua volta aveva forse sostituito un tempio greco-romano. La grandiosità della cattedrale dimostra che nuovamente la città era tornata a vivere.
I commerci rifiorirono anche grazie ai privilegi fiscali (libera esportazione di zolfo, allume e pomice) che i re Angioini e Aragonesi concessero ai Liparesi. Nel 1544, il pirata saraceno Ariadeno "Barbarossa", alleato dei francesi contro Carlo V, attaccò Lipari con una flotta di 150 navi e la saccheggiò dopo un lungo assedio. Ne bruciò le case e la cattedrale e deportò 8000 abitanti, l'intera popolazione, come schiavi. Grande fu lo smarrimento nel mondo cristiano. Carlo V, sovrano spagnolo di Napoli, fece costruire mura più imponenti attorno alla cittadina e, mediante esenzioni fiscali e privilegi, favorì il ripopolamento di Lipari (dove si trasferirono principalmente spagnoli e campani).
Tuttavia, le isole continuarono a vivere sotto il terrore delle incursioni e, nel 1589, vennero annesse al Regno delle Due Sicilie. Bisogna attendere la fine del 1700 perché, con la scomparsa della pirateria turca, la città torni ad espandersi, prima sotto gli Spagnoli, poi sotto i Borboni, i Savoia, gli Austriaci ed infine nuovamente sotto gli Spagnoli fino all'Unità d'Italia.

Le Isole Eolie oggi

Poche parole bastano a trasmettere il forte richiamo delle Eolie. Ieri come oggi grandi viaggiatori famosi quali Dumas, Houel, Guy De Maupassant, De Dolomieu e l'arciduca Luigi Salvatore d'Austria, hanno esplorato i luoghi e studiato l'economia, le tradizioni e i costumi dandone un resoconto puntuale in opere anche importanti, come quella in otto volumi dell'arciduca d'Austria.
Le Eolie sono creature vulcaniche nate dalla presenza attiva dei quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Emersero dal mare durante il pleistocene e da allora hanno più volte preso e mutato forma. L'evoluzione é ancora in atto tanto é vero che nel 1955, vicino a Stromboli, é sorto dal mare un nuovo isolotto poi inabissatosi, che a Lipari le colate di pomice ed ossidiana del monte Pelato e della Forgia Vecchia risalgono al 729 d.C., che i vulcani di Vulcano e Stromboli sono tuttora attivi e che a Vulcano, Lipari e Panarea, acque e fanghi termali ci rammentano che sottoterra non tutto é sopito.
Le Eolie offrono ai turisti, agli studiosi e agli amanti del mare la loro bellezza naturale. Un mare ancora pescoso e pulito, grotte e scogliere altissime, faraglioni e spiagge dalla sabbia finissima e nera, solfatare e montagne di bianchissima pomice e tutto il fascino degli ambienti isolani.
Qui si arriva tutto l'anno con gli aliscafi e le navi e la facilità dei collegamenti é uno dei motivi del decollo turistico. Da Napoli ci si può imbarcare anche con la macchina e senza dover raggiungere la Sicilia. In estate gli aliscafi collegano le isole, con svariate corse giornaliere, a Reggio Calabria, Gioia Tauro, Messina, Palermo, Cefalù, Sant'Agata di Militello, Giardini e Milazzo. E', inoltre, in progetto la costruzione di un piccolo aeroporto a Lipari.

Il clima é temperato e in inverno il termometro non scende mai sotto i dieci gradi. Le estati non sono torride perché mitigate dalla brezza marina. Ecco perché, anche fuori stagione, sono possibili permanenze piacevoli. In primavera, la vegetazione che ammanta le fertili isole é un'esplosione dei colori e dei profumi. Un tempo erano ricoperte da fitti boschi ma, oggi, la macchia mediterranea ha preso il sopravvento. L'uomo ha disboscato quasi ogni centimetro disponibile per coltivare viti, ulivi, capperi, legumi ed ortaggi. I diffusi terrazzamenti, oggi abbandonati, attestano il grande lavoro umano nel corso dei millenni.
L'uomo e le caratteristiche geografiche hanno dato un'impronta diversa ad ogni isola.
Filicudi ed Alicudi sono un "rifugio antistress" dall'ambiente incontaminato.
Panarea é l'isola alla moda, meta di un turismo d'élite.
Stromboli e Vulcano, aspre e selvagge, attirano un turismo giovanile un po' bohemien.
Salina, la più verde, con le sue montagne gemelle, per la sua tranquillità é scelta da tante famiglie con bambini.
Lipari, la più grande e popolosa, sede del Comune da cui dipendono tutte le altre isole (esclusa Salina), offre, a chi ha esigenze di comfort e di ampi spazi, tutti i servizi, compresi un ospedale attrezzato e un porto riparato.

 

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